Negli ultimi 6 mesi solo 40 giorni lavorativi. Colpa, dicono, della risicata maggioranza. E intanto Palazzo Madama si svuota.

Passeggiando dietro Palazzo Madama li vedi felici e contenti, mentre sorseggiano un caffè, leggono un giornale o discutono di attualità. Il clima eccezionalmente caldo dell’inverno romano li spinge a camminare per le stradine del centro storico. Mai come quest’anno. Non stiamo parlando dei turisti stranieri, ma dei senatori della Repubblica Italiana. I quali, con il loro stuolo di portaborse ed autisti al seguito, si godono il sole quasi primaverile. Com’è possibile? Non dovrebbero essere in aula a discutere su leggi, regolamenti e quant’altro? Sembra di no: vengono snobbati dal Governo, non hanno lavoro e quindi non si riuniscono più di tanto.
Martedì 19 dicembre 2006, ore 19,01: il vicepresidente del Senato, Mario Baccini, rivolge «ai senatori e al personale gli auguri per le festività natalizie». L’intera aula applaude. Poi Baccini comunica l’ordine del giorno della seduta successiva, programmata per martedì 23 gennaio 2007, esattamente cinque settimane più tardi. Alle 19,02 la seduta viene sciolta. Come mai un periodo di riposo così lungo? Forse, afferma l’inchiesta de La Stampa, per tornare temprati dopo i 5 giorni lavorativi di dicembre! E per affrontare meglio i soli 5 giorni lavorativi di gennaio!
Vediamoli, allora.
Martedì 23 gennaio 2007, data del rientro, la seduta si apre alle 17,02: il senatore Francesco D’Onofrio prende la parola per richiamare l’attenzione sul caso del senatore Michele Forte, dell’Udc, il cui procedimento giudiziario si è concluso dopo tredici anni «perché il fatto non sussiste». Scrosciano gli applausi dai gruppi Udc e Fi. Si discutono poi due altri argomenti, per un tempo di seduta pari a 1 ora e 32 minuti.
Mercoledì 24, i lavori dell’aula iniziano di buona mattina, alle 9,30. Si parte subito con due mozioni sui rapporti fra Italia e Libia, allegramente interrotti dall’ingresso in tribuna degli studenti della scuola “Salvo D’Acquisto” di Cerveteri. Si chiude alle 10,50 per riaprirsi alle 16: questa volta però la relazione del ministro Mastella sull’«amministrazione della giustizia» tiene incollati i poveri senatori alle poltrone fino alle 21,04.
Giovedì 25 sembra promettere bene. Questi i temi in discussione: un progetto di riorganizzazione degli uffici postali in Toscana, una nuova terapia per una malattia rara, le forniture di supporti informatici e l’incresciosa vicenda di una commissione di studio istituita “presso l’Asl di Mantova”. Peccato che la sessione duri appena 60 minuti. Ci si aggiorna dunque al giorno dopo, martedì 30 gennaio, quando, in un batter d’occhio, si dichiara l’insindacabilità del senatore Iannuzzi (Fi), sui cui articoli giornalistici pendevano due querele.
Il quinto giorno di lavoro, 31 gennaio, è in programma la discussione sulle dimissioni rassegnate da Francesco Cossiga il 27 novembre 2006. L’aspetto paradossale della vicenda di Cossiga merita ragguagli. Egli aveva annunciato l’abbandono poiché le sue interrogazioni e le sue interpellanze restavano regolarmente senza risposta. Implicitamente, Cossiga sosteneva: me ne vado perché noialtri senatori non contiamo più nulla. E’ su questa base – oltre che sulla consuetudine di respingere preventivamente le dimissioni – che Palazzo Madama ha invitato Cossiga a desistere, e lo ha confermato all’unanimità. Assecondarlo significava ammettere che il Senato fosse ormai ornamentale.
Riepiloghiamo dunque la situazione.
A dicembre, l’assemblea ha “sgobbato” martedì 12, mercoledì 13, giovedì 14, venerdì 15 e martedì 19. Stop. Il Senato era rimasto chiuso da giovedì 23 novembre, mese in cui i giorni di corvée sono stati solo nove. Per il resto, dodici a ottobre, sette a settembre, due ad agosto. Totale: quaranta giorni in sei mesi! Facendo poi i conti in tasca ai senatori, a circa tredicimila euro al mese (stipendio di un senatore) significa quasi duemila euro al giorno, compresi quelli da un’ora di lavoro.
Ed ora la comparazione. L’ultimo anno della scorsa legislatura, fra dicembre 2005 e gennaio 2006, ci furono 21 giorni di seduta, quasi sempre mattina e pomeriggio, per un totale di trentatrè. Contro le 14 della nuova legislatura.
Perché dunque si lavora così poco? Quasi tutti i senatori d’accordo nel dire che «la maggioranza, se escludiamo i senatori a vita, è pressoché inesistente e a rischio formidabile». Cioè? Per evitare cadute e intoppi, si procede con decreti legge e leggi delega. Il capogruppo della Lega, l’ex guardasigilli Roberto Castelli, accusa il governo: «Non vuol far lavorare il Senato. Qui non abbiamo alcunché di cui discutere. A parte il decreto abrogativo sulla Corte dei Conti, dopo Natale non abbiamo votato più niente».
D’altronde, se si passeggia in zona Piazza S. Eustachio – Via della Dogana Vecchia – Piazza S. Luigi de’ Francesi ci si rende facilmente conto da sé.