04.10.2015 | Via Venere è una lunga strada stretta, dissestata, parallela alla statale Nettunense, una delle più pericolose e mortali del Lazio. Essa unisce lo Zodiaco, quartiere fatto di case popolari, un centro commerciale e un cavalcavia, alla Palmolive, fabbrica che storicamente ha dato da mangiare a buona parte della popolazione locale. Siamo ad Anzio, provincia a sud di Roma, tra le stazioni ferroviarie di Padiglione e Lavinio. Serre, nuove villette e vecchi fabbricati industriali fanno da contorno alla festa della comunità indiana di cultura sikh. Oggi è il giorno del Nagar Kirtan, termine di lingua punjab che letteralmente significa “comunità, quartiere”. E a via Venere, sede del tempio, centinaia di indiani, uomini, donne e bambini, in una domenica assolata di ottobre, cantano, ridono e pregano nel nome di Dio.
04.10.2015 | Via Venus is a long tight road, rough, parallel to Nettunense state highway, one of the most dangerous and deadly of Lazio. It links the Zodiac, district made of public housing, a shopping center and an overpass to the “Palmolive”, an important factory that historically has fed a great part of the local people. We are in Anzio, in the south of Rome province, between the railway stations of  Padiglione and Lavinio. Greenhouses, new small houses and old industrial buildings surround the holy celebration of  the Indian community of Sikh culture.  Today is the day of Nagar Kirtan, Punjab term language that literally means “community, district”. And in via Venus, site of the temple, hundreds of Indians, men, women and children, in a sunny sunday of October, sing, laugh and pray in the name of God.

«E’ una processione religiosa di cultura sikh», mi dice Singh Inderjit Sagar, ragazzo italiano di 18 anni, figlio di genitori indiani trasferitisi in Italia. Lui è in testa al corteo. A fianco, un gruppo di persone, scope in mano, pulisce la strada, prima del passaggio del carro con le Sacre Scritture Sikh, denominate Guru Granth Sahib. Il suo cammino è segnato dal lancio di petali di fiori e dalle offerte di cibo e bevande. «Facciamo questa processione per far conoscere e mostrare a tutti la nostra religione – continua Inderjit – festeggiando insieme alle persone di qualunque colore ed etnia e distribuendo gratuitamente alimenti». Chi partecipa alla processione però deve indossare un copricapo e, allo stesso tempo, deve camminare scalzo. «Sì – sorride Inderjit – sono entrambi comandi di Dio: il copricapo significa che i nostri capelli non devono venire a contatto con cose sporche, come la polvere o quant’altro; camminare scalzi invece è una forma di rispetto nei suoi confronti. Lanciamo a tal proposito petali di fiori e rose che sono totalmente coltivati e fatti dalla nostra gente».
«It ‘a religious procession of Sikh culture», tell me Singh Inderjit Sagar, Italian  boy of 18 years, son of Indian parents who moved to Italy. He is leading  the procession. Alongside, a group of people, brooms in hand, clean the road before the passage of the wagon with the Sikh holy scriptures, called Guru Granth Sahib. Its path is marked by the launch of flower petals and offerings of food and drink. «Let this procession to raise awareness and show everyone our religion – continues Inderjit – celebrating with people of whatever color and ethnicity and by distributing free food». Who takes part in the procession, however, must wear headgear and, at the same time, has to walk barefoot. «Yes – Inderjit smiles – these ones are both commands of God: the headgear means that our hair does not come into contact with dirty things, like dust or whatever; walk barefoot, instead, is a form of respect for him. We launch in this regard flower petals and roses that are fully grown and made by our people».

La coltivazione della terra è infatti la prima attività in cui sono impiegati gli indiani. Che ad Anzio sono numerosi. Le fonti non sono precise, ma si stima che siano sopra le 2.000 unità, quelle regolarmente registrate. La maggior parte delle quali occupata in campagna, nelle serre e nei vivai. Ma c’è anche una grossa fetta che è diventata imprenditore. Qui, nella zona della stazione, sono tanti i negozi in mano agli indiani: parrucchieri, alimentari, abbigliamento. Una zona commerciale in mano alla comunità indiana e che non ha mai destato problemi di integrazione: «Io sono nato qui – afferma Inderjit – quindi mi sono sentito sempre a casa. Per chi è emigrato dall’India invece l’unico ostacolo è rappresentato dalla lingua, ma alla fine si supera anche quello. Con gli italiani i rapporti sono normali, di reciproco rispetto. Non ricordo ci siano stati episodi di delinquenza da parte della nostra gente». E infatti è così. Quei pochi episodi di cronaca sono rappresentati da qualche rissa interna e da incidenti stradali mortali: non è raro leggere di indiani in bicicletta, a volte unico mezzo di trasporto per andare a lavorare, investiti nel buio delle prime ore della mattina o delle ultime della sera.
The cultivation of the land is in fact the first task of employment of Indians. That here in Anzio are numerous. The sources are not precise, but it is estimated that those officially registered are over 2,000 units. Most of them are employed in the fields, in greenhouses and nurseries. But there is also a large slice that has become entrepreneur. Here, in the station area, there are many shops in the hands of the Indians, hairdressers, food, clothing. A commercial area in the hands of the Indian community and that he never raised problems of integration: «I was born here – says Inderjit – so I have always felt at home. For those who have emigrated from India instead the only obstacle is the language, but in the end it even surpasses that. With Italians relations are normal, mutually respectful. I don’t remember there have been incidents of delinquency on the part of our people». And actually it is. Those few episodes of the news is represented by a few fights inside and fatal road accidents are not uncommon to read of Indian bikes, sometimes only means of transport to go to work, invested in the darkness of the early hours in the morning or last in the evening.

Il corteo religioso è un tripudio di colori, di gioia e di spiritualità. L’arancione e il blu, tradizionali colori della Khalsa, la comunità degli iniziati Sikh, dominano lo sciame di fedeli. Due colori che portano con sé significati diversi. Il blu è il colore dell’entusiasmo; l’arancione, invece, è il colore della morte. Un detto Sikh recita: “Prima si accetta la morte, poi si comincia a vivere”, un evidente e forte segnale di difesa del proprio essere religioso.
The religious procession is a riot of color, joy and spirituality. The orange and blue, the traditional color of the Khalsa, the Sikh community of the initiated, dominate the swarm of faithful. Two colors that bring with them different meanings. Blue is the color of enthusiasm; orange, however, is the color of death. Said a Sikh reads: “Before you accept death, then you start to live”, a clear and strong signal to the defense of their being religious.

La processione continua lenta e incessante. Attraversa le case popolari, tra gli sguardi sorridenti e incuriositi degli italiani, per approdare, finalmente, al piazzale della stazione di Lavinio, imbandita per l’occasione anche con stand gastronomici. Il carro con le Sacre Scritture si ferma, parcheggia e consente ai tanti fedeli, in attesa da più di un’ora, di onorarle con doni e offerte. Può iniziare la festa, fatta di preghiere e meditazione, di canti e danze acrobatiche, di sapori e odori, quelli di una terra molto lontana ma oramai parte integrante della nostra società.
The procession continues slow and relentless. Through the housing, between the eyes smiling and intrigued of the Italians, to arrive, finally, at the train station of Lavinio, laid for the occasion with food stands. The cart with the Scriptures stops, parks and allows many of the faithful, waiting for more than an hour, to honor them with gifts and offers. Now the party can start, made up of prayers and meditation, songs and acrobatic dancing, tastes and  smells, those of a land far away, but now an integral part of our society.

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