Antonio Rezza e Flavia Mastrella è talento puro. Uso la terza persona singolare perchè il duo è in realtà un uno. Un genio artistico, un vulcano di idee, una mitraglia di parole. Un animale da palcoscenico che traduce la semplicità della vita quotidiana in una rappresentazione surreale, a volte metafisica, cerebrale. Si può parlare con qualcuno che ti dà la voce? Si può rispondere con la stessa voce di chi fa la domanda? Rezza lo fa. E ieri sera, al Frammenti Festival di Frascati, è stato un lungo tripudio di applausi. Un’ora e mezza di spettacolo ininterrotto. Aiutato da un bravissimo Ivan Bellavista, si sdoppia, triplica addirittura le personalità. Assume un nuovo timbro di voce, anzi due, anzi tre, nello stesso istante, quasi sovrapponendosi, fino a lasciare lo spettatore (“che non capisce un cazzo”) spiazzato, interdetto, disorientato. Chi è che parla? E dove parla? E’ sempre Rezza? E’ Bellavista? O è Timothy, il palloncino bianco, appassionato della fiction “I Fratelli Karamazov”? Geniale. Un vero trasformista, completamente a proprio agio tra le installazioni di Flavia Mastrella, nell’habitat Fratto_X, una distesa di carne calda che genera figure antropomorfe. L’uomo porta sempre con sé il colore del tempo visibilmente trionfante sulla pelle. Il cervello è l’orpello che impedisce vigorosamente l’omologazione; la X, con destrezza nel tratto, sottolinea la centralità di esseri completamente inutili. Il letto di un ospedale è il fratto: sopra di esso c’è un malato, sotto un altro malato in attesa di un posto, malato fratto malato si annulla e resta il niente. Dissacrante. Mentre l’ansia del presente sconvolge il passato, mentre uccelletti improbabili tracciano traiettorie azzardate, lo specchio parlante costringe a pensare chi era lì per vedere, chi era lì per sentire, chi era lì per subire la tirannia di chi si fa pagare per strappare l’arbitrio. Mai così poco libero.

GUARDA TUTTE LE FOTO QUI